Ceresole d’Alba
Affreschi dalla Cappella della Madonna del Buontempo
Santi taumaturghi e tracce di soldati imperiali: pregiati affreschi del Cinquecento nella piana di Ceresole d’Alba.
Nella sala di rappresentanza del Comune di Ceresole d’Alba possiamo ammirare sei affreschi del XVI secolo strappati dalle mura della cappella della Madonna del Buontempo. La cappella campestre, ora in rovina, è situata sulla piana della cittadina verso Carmagnola, e fu fatta ricostruire dal nobile Filippo Roero nel 1490. Gli affreschi raccontano antiche storie di santi taumaturghi, invocati dalla popolazione locale contro le pestilenze e le guerre che ne flagellavano il territorio.Municipio
Via Regina Margherita 14, 12040 Ceresole d’Alba (CN)
IL ROERO DA SCOPRIRE
AFFRESCHI dalla CAPPELLA DELLA MADONNA DEL BUONTEMPO
Santi taumaturghi e tracce di Lanzichenecchi: pregiati affreschi del Cinquecento nella piana di Ceresole
Nel 1490, quando fu ricostruita dalla famiglia Roero, la cappella della Madonna del Buontempo ferveva forse di vita intensa sulla piana di Ceresole d’Alba, dove tuttora si staglia. Oggi è caduta in uno stato di totale abbandono. Solo l’intervento di restauro sollecitato dal Museo Traversa di Bra e da “Italia Nostra” ha permesso il recupero parziale degli affreschi, esposti nella sala di rappresentanza del Comune di Ceresole d’Alba.
Nella sala del Comune possiamo ammirare sei affreschi strappati dalle mura della cappella originaria: quattro dei cinque affreschi absidali; un affresco originariamente presente nella parete presbiteriale destra; ed una pittura muraria di ambito popolaresco e di periodo successivo.
CICLO ABSIDALE: PIETÁ CON SANTI (1553)
La prima figura che troviamo nel ciclo absidale è San Giovanni Battista, originariamente affiancata alla sua sinistra da San Bernardino da Siena, il cui culto era notevolmente diffuso anche sulla possibile spinta dei signori del Roero. San Bernardino è andato perduto, mentre rimane molto rovinata e quasi irriconoscibile l’immagine del Battista, fino al 1973 ancora in buono stato, come attestano le fotografie pubblicate da Walter Accigliaro.
Il centro del coro sacro era contraddistinto dall’intensa rappresentazione della Pietà, un’iconografia molto propagata durante il Quattrocento, sebbene non fosse presente nei Vangeli canonici.
Le prime Pietà comparvero solo nel XII secolo nella pittura bizantina, per poi avere un notevole successo nell’arte germanica nel XIV secolo ed arrivare in Italia nel XV secolo. Fino al Cinquecento e alla Controriforma le iconografie non rappresentavano solamente la Madonna con il Cristo, ma anche altri personaggi. Fu solo dopo il Concilio di Trento che la Pietà si ridusse gradualmente a una raffigurazione più simbolica con solo Madre e Figlio, connotandosi sempre più in senso sofferente e simboleggiando idealmente la dolorosa offerta a Dio da parte della Madonna, preludio al sacrificio rituale della Messa.
Nella scena dell’affresco ceresolese, la Madonna è seduta al centro e sorregge in grembo il Cristo morto, sdraiato su un bianco sudario.
Alcuni studiosi fanno risalire alla tradizione fiamminga la posizione del Cristo: un’influenza nordica che forse condizionò quest’anonimo pittore, possibile estimatore e seguace di Giovanni Martino Spanzotti, artista operoso a Casale Monferrato (AL) del XV secolo che introdusse le novità di Piero della Francesca nell’arte piemontese.
La collocazione degli elementi segue rigorosi calcoli geometrici, come può evincere un occhio più attento: la collocazione piramidale delle due figure, il rispetto delle diagonali e il riferimento alla sezione aurea. La rigidità del freddo corpo cadaverico e della Madonna addolorata concorre a rendere drammatica la scena.
Purtroppo anche in questo caso gran parte dell’affresco è andato perduto, ma sino al 1973 erano visibili i tratti del volto di Cristo e di Maria, oltre che un paesaggio collinare sullo sfondo.
Sulla destra, le altre due pareti absidali raffiguravano due santi protagonisti di miracoli. Il primo è San Nicola da Tolentino, identificabile dall’epigrafe sovrastante. Il secondo è San Rocco, come evidente dalla scritta sottostante ORA. PRO. NOBIS. SANCTE. ROCCHE. 1553. 15. MAR… da cui, per omogeneità stilistica con gli altri dipinti, si evince la datazione del ciclo. San Nicola e soprattutto San Rocco erano considerati potenti taumaturghi di auspicio contro il flagello della peste.
Entrambe le figure sono graffiate da ripetute scritte con nomi non autoctoni o suppliche, recanti anche datazioni come 1558 e 1564. Lo studioso Carlo Avataneo le ritiene opera dei Lanzichenecchi che transitarono in questa zona e forse bivaccarono nella Cappella del Buontempo. Si tratta di una circostanza da inquadrare nell’ambito delle perdurate guerre tra Francesi ed Imperiali durante il Cinquecento. Si notino sia la famosa Battaglia di Ceresole del 1544 e l’incendio del paese da parte degli Spagnoli del 1558.
La scelta dei santi non fu casuale, considerato il periodo travagliato che vissero queste zone nel secolo in cui furono dipinti gli affreschi, con i conflitti fra gli eserciti francesi ed imperiali e le conseguenti scorrerie, razzie ed epidemie che portavano i soldati.
Tutti e quattro i Santi ai lati della Pietà sono raffigurati in posizione eretta. Alle loro spalle un tessuto dorato e decorato fa da base a dei paesaggi di sfondo, al giorno d’oggi appena visibili.
SANT’ANTONIO ABATE E MADONNA COL BAMBINO (1581)
Sulla parete destra della Sala del Comune, così come originariamente era posto sulla parete presbiteriale destra nella cappella del Buontempo, possiamo ammirare un altro affresco che risale al 1581. Protagonisti sono Sant’Antonio abate e la Madonna col Bambino. La mano è sicuramente differente rispetto a quella della parete absidale.
Sant’Antonio abate, fondatore del monachesimo, protettore di animali domestici ed invocato contro i contagi, è rappresentato insieme a due elementi iconografici che solitamente lo accompagnano. Il primo è il porcellino, visibile ai suoi piedi: i monaci che a lui si rifacevano erano soliti allevare un porcellino per i poveri, che aveva libera circolazione in tutti i campi e nelle case della parrocchia.
Il secondo elemento è il bastone tau, utilizzato dagli eremiti per appoggiarvisi durante le lunghe e faticose attività monacali in cui era vietato sedersi. La forma ricorda tradizionalmente quella della croce, ed è dotato di due campanelle che secondo la tradizione si rivelano efficaci “contro i diavoli”.
Il Santo affianca a pari altezza la Madonna con il Bambino, seduta su un trono avvolto da un drappo.
L’affresco risulta finemente decorato ai bordi, e l’epigrafe sottostante ci rivela la committenza e la datazione. “HOC. HOPUS. FECERUNT. FIERI. EREDES. NICHOLA. DE. GIOANNINI. 1581 A die 17…”. Furono dunque gli eredi del defunto Nicola de Gioannini a commissionare l’affresco nel 1581. L’ignoto artista risulta essere un seguace di Macrino d’Alba, confrontando quest’opera con il dipinto macriniano del 1495 che era nella chiesa albese di S. Francesco, da tempo conservato a Francoforte in Germania.
CRISTO IN CROCE E SANTI (XIX SECOLO?)
Sulla parete antistante gli affreschi absidali troviamo un terzo affresco strappato dalle mura della cappella del Buon Tempo.
Si tratta di una raffigurazione di epoca successiva ai primi due, di carattere popolaresco. Fu forse eseguito da un ignoto pittore piemontese tra il 1867 ed il 1878, quando l’edificio, ormai ridotto a deposito di legname, venne riscattato dal conte Alessandro Roero.
Al centro della scena sta la croce con il Cristo sofferente, affiancato da due angeli appena visibili.
Ai piedi di Gesù è possibile notare un teschio, simbolo spesso raffigurato ai piedi della croce. Secondo la tradizione l’episodio narrato nei Vangeli avvenne sul colle detto Golgota (“Teschio” o “Cranio” in Aramaico), antico luogo di sepoltura di Adamo.
Sotto la croce, un santo in tonaca rivolge lo sguardo al Cristo, mentre sul lato destro una donna porta in mano il Vangelo.